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TESTIMONIANZE E SCRITTI
Laura Quagliotti
A Giancarlo

Alcune stelle che vediamo brillare in cielo in realtà sono spente, morte da milioni di anni…eppure la loro luce continua ed arriva fino a noi.

Ci sono persone che nel poco tempo che gli è concesso vivono e muoiono cento volte più intensamente di altre; soffrono, sono felici e provano emozioni in modo più intenso. Una di queste persone era ed è sicuramente Giancarlo come io l’ho conosciuto; l’età, quindi, ha un peso relativo. Si può morire a quaranta anni e aver vissuto mille volte più intensamente di una di ottanta.

Solo nel vocabolario la parola “successo” viene prima della parola “sudore”. Giancarlo sapeva bene che prima ci doveva essere il sudore, tanto sudore, e poi forse arrivava il successo. Nonostante questo, Giancarlo si teneva lontano dal successo, non amava le celebrazini, i riflettori, applausi e complimenti…Tutte cose che tanti cercano ossessivamente in questo mestiere, ma lui non le voleva.

Era un uomo ingombrante e meraviglioso, concentrato sul suo lavoro ventiquattro ore al giorno come esigenza di vita, insopprimibile e irrimandabile. Il proletario del pianoforte tra fumo e odore di mandarini.

Ripeteva ogni suono, ogni nota centinaia di volte per capire se tutto suonava bene, come voleva lui.

Ogni canzone per me diventava come una sorella, la sentivo a colazione, pranzo, cena; la sentivo in estate e, soprattutto, di notte…tanto che poi quando la canzone usciva e diventava un “tormenone” (come Self control) io già la sapevo a memoria e non la sopportavo più.

La scomparsa di Giancarlo è una grave perdita per il mondo della musica e fonte di grande dolore per i suoi familiari e amici. Ma qualcosa mi dice che la sua energia è immortale, così come le sue canzoni. Giancarlo vive nelle sue opere e la dimostrazione è che queste superano il tempo e tocca le diverse generazioni; un brano come Montagne verdi  riesce a far calmare il pianto disperato di un bambino in un momento di grande sofferenza, un bambino di pochi anni che nulla può sapere di Marcella Bella o dei tempi in cui fu composta, un bambino che non può sapere cosa sono le montagne dovendo passare le settimane dentro un ospedale. Fosse anche solo per aver fermato il pianto di quel piccolo inconsolabile, l’opera di Giancarlo merita di essere ricordata. La vita non è giusta né perfetta, ma la musica è sicuramente una grande consolazione.

Il dolore, ho sempre pensato, deve essere una cosa privata ed ho la presunzione di pensare che anche per Giancarlo fosse così, ma è anche che se il dolore non si condivide fa troppo male. Certi snodi, certi equilibri delle relazioni non li conosce nessuno, però la vita è un privilegio non un diritto, come molti credono, e questo me lo ha insegnato Giancarlo.

Per me è stato un privilegio vivere tanti anni accanto a lui; il passato non tornerà, per quanto lo si possa desiderare, ma se lo lasciamo andare si può creare un presente nuovo e condividere la sofferenza significa cercare di superarla.

Giancarlo è riuscito a fare una cosa rara: è uscito dal proprio cuore ed è entrato, attraverso le sue canzoni, nel cuore di tutti. E’ incredibile come persone “morte” in vita a causa di una lunga malattia tornino a vivere da morte; la morte…quanta fatica per raggiungere un traguardo alla portata di tutti.

Giancarlo, mai volgare con gli Squallor, spesso irriverente; ricordo il timbro della sua voce incrostato di sigarette e il suo volto commovente, da Cristo invecchiato durante la malattia.

Come far sì che una canzone funzioni? Tutti i miei ricordi non bastano a spiegare il miracolo che Giancarlo è riuscito a fare con il suo lavoro; ci deve essere un segreto, un mistero.

Davanti a lui, da bambina, mi sentivo come davanti alla lampada di Aladino, un’alta montagna, un diamante puro che non riusciva ad adattarsi con l’ambiente circostante…

Giancarlo riusciva sempre a trovare un connotato comico a qualsiasi cosa “seria”, ma lo faceva senza mai offendere. Dice il saggio: “il talento stà nella normalità” e le persone di talento non invecchiano e non muoiono mai.

“Le canzoni devono arrivare prima alle emozioni, poi all’intelletto” diceva Ravel, infatti alcuni brani di Giancarlo restano ermetici, ma arrivano e suonano bene.

La musica resta attaccata alla vita per sempre per quasto un musicista non va mai veramente in pensione. Così Giancarlo, anche se malato da anni, nel suo profondo non aveva mai cessato di essere artista.

Il ciclo della vita somigli molto a quello dell’amore: c’è una nascita, una crescita e una perdita.

Coloro che amano il mondo costruiscono dighe, arano campi, costruiscono ponti; a coloro cui il mondo non piace lo guardano con sospetto e scrivono libri, compongono canzoni.

Credo che Giancarlo appartenga a quest’ultima categoria di persone e amo continuare a parlare di lui al presente.

Alla fine della vita ques’amore sarà la vera ricchezza che porteremo con noi.



Laura Quagliotti
13 marzo 2013